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Avviato negli Stati Uniti negli anni ‘80, il Vendor Managed Inventory (VMI) è nato dalla volontà dei grandi gruppi, come Procter & Gamble e Walmart, di ridurre i costi legati alla gestione degli stock. Per far questo, essa è stata delegata ai fornitori a partire dalle informazioni che i distributori mettevano in condivisione, cosa che ha rappresentato, per questi ultimi, l’opportunità di dedicarsi in via prioritaria alla vendita dei prodotti.
Il buon funzionamento delle operazioni logistiche dipende quindi da uno scambio quotidiano di informazioni tra i distributori e i fornitori. La condivisione dei dati riguarda principalmente gli stati degli stock e delle merci in transito, le vendite realizzate e le promozioni o le attività commerciali in negozio o online.
In Francia, dove la rete di distributori è particolarmente ampia, il VMI è stato importato da Carrefour alla fine degli anni ’90 ed è stato implementato in modo significativo a metà degli anni 2000 da gruppi quali Unilever e Nestlé, che lo hanno rapidamente integrato nella propria organizzazione ed esportato nei paesi in cui erano presenti con sedi logistiche.
Abbiamo evocato il crollo del mercato del VMI prima del 2010, tuttavia questo modello di gestione degli stock sta tornando oggi di grande attualità presso i grandi attori della distribuzione e dell’e-commerce, cosa che configura il mercato del VMI come caratterizzato da movimenti ciclici di slancio e di rallentamento.
L’immagine del VMI ha principalmente sofferto di partenariati difficili tra i fornitori e i distributori, dato che il rapporto di fiducia tra le due parti rappresenta l’elemento cardine per garantire l’implementazione e l’efficacia della condivisione delle informazioni.
Ciononostante, il modello sta oggi ritornando sulla scena presso industrie e distributori, a fronte del riconoscimento di vari e significativi vantaggi per ciascun attore coinvolto:
● grazie ai dati di vendita trasmessi dai distributori, i fornitori possono sviluppare capacità previsionali più accurate relativamente alla produzione;
● ricevendo solo prodotti di cui hanno realmente bisogno al momento giusto e nel luogo giusto, i distributori possono beneficiare di una massiccia riduzione dei propri stock, fino al 50%.
Sono due le tendenze che attualmente giocano a favore del mercato del VMI: il pooling e l’automatizzazione. Grazie al notevole interesse che suscita da qualche tempo a questa parte, il pooling consente alle industrie di condividere le spese di trasporto delle merci e dei relativi approvvigionamenti grazie all’utilizzo di un operatore logistico comune. Un mezzo semplice ed efficace per mettere a frutto il caricamento dei camion mantenendo al contempo uno stock di merci più snello.
Nei centri di distribuzione arrivano quindi quotidianamente solo le quantità di prodotti necessarie, cosa particolarmente valida per i prodotti stoccati in un luogo unico e tipicamente disposti in scaffali adiacenti, come i cosmetici o i prodotti per la casa.
Dal punto di vista dell’automazione, la predominanza e l’efficacia del modello ne hanno plasmato la reputazione nell’ambito della gestione degli stock. È sufficiente che l’industria conosca le quantità di prodotti da consegnare e le date di consegna stimate per approvvigionare in modo ottimale le diverse sedi di stoccaggio, ovunque esse siano.
In ragione di queste due tendenze, si può dire che i processi sono ormai maturi e affidabili in termini di gestione condivisa degli approvvigionamenti. Alle industrie ora non rimane che sfruttare i dati già raccolti per migliorare in termini di efficienza di elaborazione. Un contesto favorevole per il VMI, la cui sfida principale è oggi la raccolta dei diversi parametri e dati in un luogo unico che garantisca la riservatezza e la messa in sicurezza delle informazioni scambiate.
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