La green supply chain, una transizione in atto
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La debole presenza delle lavoratrici nel settore del trasporto e della logistica è confermata dai numeri. Secondo i dati Istat relativi al 2019, in Italia soltanto il 21,8% della forza lavoro attiva in questo comparto è costituita da donne (media Ue 22%): 222mila contro 795mila lavoratori maschi. Le percentuali crollano quando si passa alle professioni operative, come nell’autotrasporto ad esempio, in cui le quote rosa rappresentano appena il 2,1%: in pratica su 100 autisti 98 sono uomini.
Nonostante queste cifre, in realtà le donne hanno il proprio spazio all’interno del settore, e lo dimostra la loro cospicua rappresentanza nelle funzioni cosiddette di supporto. Quindi, tutto lascia pensare che sia l’immagine veicolata dalle professioni della logistica a dissuadere le candidature femminili. Un’immagine che, oltre a essere ormai ampiamente cambiata, è anche dannosa per i datori di lavoro del comparto che desiderano promuovere un migliore equilibrio tra donne e uomini in ambito professionale.
Gli stereotipi che ruotano attorno al settore sono ancora più spiacevoli se si considera che la logistica – come qualsiasi altro comparto – deve garantire l’uguaglianza in ambito professionale. Al riguardo, le aziende pubbliche e private con oltre 50 dipendenti sono obbligate a compilare ogni due anni in modalità telematica sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali un rapporto sulla situazione occupazionale del personale maschile e femminile, nel quale devono essere specificate diverse informazioni indispensabili per valutare il rispetto della parità di genere e l’assenza di ogni forma di discriminazione, come ad esempio il numero di assunzioni, la formazione erogata, l’inquadramento, le retribuzioni corrisposte ecc.1
Per poter accrescere l’attrattività e rispettare il quadro normativo vigente, gli operatori della logistica devono chiarire un aspetto fondamentale: le professioni della supply chain non sono più appannaggio dei soli uomini, includendo de facto le posizioni operative. A tal fine, si possono attuare diverse iniziative.
In primo luogo, gli operatori della logistica devono assicurarsi che le posizioni operative possano essere occupate da donne, in particolare limitando la gravosità di alcune mansioni e migliorando le condizioni di lavoro. In questo senso è possibile prevedere diverse azioni:
– sviluppando l’utilizzo di robot collaborativi il cui ruolo è fornire supporto ai team nello svolgimento delle loro attività;
– mettendo a disposizione robot controllati dagli operatori, come i bracci robotici in grado di movimentare carichi pesanti;
– dotando i dipendenti di esoscheletri per assisterli nelle mansioni pesanti.
– robotizzare completamente le postazioni più gravose, ad esempio con veicoli a guida automatica (AGV) o robot mobili autonomi, in modo che non debbano essere gestite dagli operatori;
– rafforzare la prevenzione, in particolare domandando ai dipendenti quali sono le difficoltà fisiche e psicologiche legate alle loro attività;
– creare un ambiente adatto alle donne (allestimento di spogliatoi, aumento del numero di toilette ecc.);
– prevedere modalità di lavoro flessibili per le lavoratrici in gravidanza (riorganizzazione dell’orario lavorativo, alleggerimento del carico di lavoro ecc.).
Una volta soddisfatto il precedente prerequisito, i datori di lavoro devono disinnescare i luoghi comuni che ruotano attorno alle professioni della logistica, in particolare evitando qualsiasi azione discriminatoria durante la fase di assunzione. Questo può passare attraverso:
– l’automazione dei lavori più gravosi e con un elevato tasso di incidenti;
– la combinazione uomo-robot per le attività che non è possibile automatizzare;
– l’implementazione di una politica di pari opportunità professionali (promozione, retribuzioni ecc.).
Le turnazioni e i lunghi tragitti casa-lavoro rappresentano molto spesso un ostacolo all’occupazione femminile. Per ovviare a tale situazione, l’azienda deve fare in modo che l’impegno professionale non interferisca oltre misura con la vita privata dei lavoratori. Questo obiettivo può essere raggiunto:
Nel quotidiano, l’azienda deve far comprendere che nessun lavoro logistico è precluso alle donne, ma che la diversità di genere costituisce una risorsa per l’organizzazione. In quest’ottica, gli operatori della supply chain devono ripensare la loro politica di formazione e di sviluppo interno. Ad esempio, è possibile:
Gli strumenti integrati per la gestione delle risorse umane, inoltre, sono di grande aiuto nel promuovere la formazione e lo sviluppo delle competenze. Ad esempio, il modulo di Resource Management del software WMS di Generix Group permette di:
Per far questo, si basa su una tecnologia di intelligenza artificiale in grado di fornire una panoramica di tutte le attività di magazzino.
La diversità di genere e la parità in ambito professionale richiedono anche un equilibrio nelle promozioni interne, spesso riservate agli uomini per motivi di disponibilità e ritmi di vita. Per raggiungere questo obiettivo, le aziende della logistica possono:
Da sapere: qualsiasi processo di automazione e robotizzazione deve iniziare dall’implementazione di un software di gestione del magazzino WMS, indispensabile per la supervisione di tutte le risorse tecnologiche coinvolte.
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1 art. 46 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, cosiddetto “Codice delle pari opportunità” (modificato dalla Legge n. 162 del 5 novembre 2021)
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