La green supply chain, una transizione in atto
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In mercati piuttosto consolidati come in passato, i modelli di gestione delle scorte e di approvvigionamento attraverso la gestione condivisa hanno dimostrato la loro efficacia: i sistemi classici (definizione di soglie minime e massime di scorte, attivazione fissa degli approvvigionamenti) e la valutazione dello storico dei flussi stagionali venivano applicati all’aumento dei volumi derivato dall’evoluzione complessiva del mercato, anno dopo anno. Tuttavia, un metodo di questo tipo non consente di ottenere performance superiori o di adattarsi rapidamente a degli eventi esogeni improvvisi. Mentre si susseguono sconvolgimenti planetari imprevedibili legati a eventi come la pandemia da Covid-19, la guerra in Ucraina, l’impennata dei prezzi delle materie prime, dell’energia e dei trasporti o i mutamenti climatici, overstock da un lato e rotture di stock dall’altro sono ormai all’ordine del giorno: l’estate scorsa, ad esempio, la penuria di acqua frizzante nei supermercati italiani, dovuta al calo di produzione di CO2 per i forti rialzi dei carburanti, ha scontentato molti consumatori. Simili fluttuazioni geopolitiche, climatiche ed economiche influiscono in modo pesante e diretto sul valore e sul costo delle scorte. Per oltre 15 anni, una risposta relativamente efficace ai diversi problemi è venuta dai doppi circuiti di approvvigionamento: uno a catena lunga per i prezzi e uno a catena corta per l’adeguamento della disponibilità. Tuttavia, tale soluzione non ottimizza l’intera supply chain e resta costosa e poco flessibile.
Il grande cambio di paradigma sta nel combinare tutti gli elementi di informazione e previsione diretti e indiretti citati in precedenza, e lavorare con tutti i soggetti della supply chain in vista di un’ottimizzazione della disponibilità per i clienti. La ricerca della creazione di valore globale (da condividere tra i vari player naturalmente) è prioritaria rispetto all’ottimizzazione dei singoli segmenti. I Digital Native Vertical Brands (DNVB) e l’attuale tendenza omnicanale rappresentano in tal senso gli esempi più lampanti. Oggi sono necessari strumenti all’avanguardia (algoritmi di analisi sviluppati internamente o acquistati da software vendor specializzati) in grado di prevedere le variazioni delle scelte di acquisto dei clienti, adattando così i livelli di scorte nel posto giusto, ma anche nel breve (nell’ordine di qualche giorno) e nel medio periodo (da tre a sei mesi). Tutto questo implica inoltre ampliare lo spettro delle informazioni utilizzate andando a ricercare e mettere in prospettiva piccoli segnali, tendenze sociologiche, culturali e geografiche, correlazioni sottili tra variazioni meteorologiche o stagionali e comportamenti dei consumatori, mostrando interesse per i microsegmenti di mercato (in particolare quelli che reagiscono sensibilmente ai post degli influencer). La difficoltà sta nel convincere tutti i soggetti coinvolti circa la bontà di tale processo, e la misura della creazione del valore e la sua condivisione sono la migliore risposta.
I campioni di questo nuovo approccio spiccano tra le aziende del retail che sono riuscite a mettere in atto la loro trasformazione omnicanale, orientando i loro approvvigionamenti in funzione dei consumi locali ed estendendo la loro offerta ai marketplace, ad esempio. I siti di e-commerce (DNVB) hanno anche creato nuovi modelli siglando accordi con i produttori che gestiscono le loro scorte, la preparazione degli ordini e le consegne. Queste organizzazioni devono però essere guidate da previsioni a brevissimo termine, accompagnate da tendenze a 3 o 6 mesi. Senza dubbio, i vantaggi derivanti da un processo di questo tipo, sia a livello di scorte sia di vendita e soddisfazione del cliente, sono straordinari. Contemporaneamente, l’ottimizzazione delle merci passerà sempre di più attraverso una condivisione in tempo reale delle informazioni tra produttori (con i loro stabilimenti e magazzini), fornitori logistici e distributori (con i loro magazzini e negozi). La disponibilità e il flusso dei prodotti miglioreranno quindi in modo automatico nonché in maniera sensibile, poiché ogni stakeholder disporrà in ogni momento delle previsioni e dei flussi osservati dagli ordini dei clienti. Questa ottimizzazione, resa possibile grazie ad algoritmi e software all’avanguardia, riduce le perdite e accresce la “freschezza” delle scorte e il flusso di cassa di tutti i soggetti impegnati, anche di milioni di euro. Sarebbe quindi un peccato, nonché pregiudizievole, se le aziende si privassero di un tale circolo virtuoso.
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